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Reddito di cittadinanza

Il Reddito di Cittadinanza (RdC) e la Pensione di Cittadinanza (PdC) furono introdotti nel 2019 quali «misure fondamentali di politica attiva del lavoro e di contrasto alla povertà», o come tali, pur pregevoli nei propositi, si proponevano di essere, ma i riscontri numerici in Emilia Romagna, e in particolare nella provincia di Parma, ci consegnano una bocciatura piena dell’impianto della norma.

Il dato più eclatante, scorrendo quanto allegato dalla Regione in riscontro alla nota del 25/11/22, è la netta discrepanza tra i percettori del reddito di cittadinanza (prima “reddito di solidarietà”) e i sottoscrittori del patto per il lavoro, cioè quel percorso personalizzato di accompagnamento all’inserimento lavorativo, che nella vocazione di chi aveva sostenuto e difende tutt’ora come propria bandiera la bontà di tale strumento, è evidentemente condicio sine qua non per la sua “credibilità”; e invece, tra il 2019 e il 2021, in provincia di Parma, se 6914 sono stati i beneficiari del reddito di cittadinanza, per un importo mensile medio pari ad € 479,00 solo 554 sono stati i cittadini che si sono resi disponibili, e sono stati seguiti dai centri per l’impiego, con un percorso mirato di formazione e abilitazione al lavoro. Ovvero solo l’8% del totale dei beneficiari.

Altrettanto sconfortante è poi il periodo medio di durata lavorativa di quel 8%, in media poco più di 3 mesi.  

È chiaro dunque nei dati che ci vengono rassegnati che -se i numeri sono numeri e c’è poco spazio per le pregiudiziali ideologiche- c’è stato un fallimento del reddito di cittadinanza, un’inefficacia del reinserimento nel mondo del lavoro per il tramite di tale strumento e la povertà è tutt’altro che abolita, malgrado gli strilloni che tutti ricordiamo dell’allora vice ministro Di Maio.

Questi numeri confermano che il Governo Meloni, nella sua volontà di revisione della misura, quanto alle persone abili al lavoro, aveva ragione, e che quella che all’inizio fu pensata come misura transitoria, si è difatti trasformata in un sussidio sine die, ben lontana da ridare dignità agli italiani. Il Governo non ha intenzione di dimenticare chi ha necessità di un sostegno economico. Lo ha detto anche il Presidente del Consiglio presentando la manovra. La scelta di una soluzione ponte sul 2023 va in questa direzione: intervenire subito sugli occupabili per portarli a rientrare nel mondo del lavoro mentre si lavora a una riforma organica delle politiche attive e dei centri per l’impiego, riformulando nel contempo le misure di lotta alla povertà.

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